La visione artistica di New York nel XX secolo è il tema della mostra al Museo del 900, che vi consigliamo di visitare per capire cosa e come è cambiato il nostro immaginario su quella città.
Un’accortezza. Entrateci direttamente, subito, da piano terra. Non si capisce la ragione per cui abbiano previsto anche un ingresso sul percorso conclusivo della permanente che vi porterebbe, come è accaduto a noi, a prenderla dalla coda, e percorrerla a ritroso. Poco danno ma molta confusione.
Lo stupore degli artisti verso i grattacieli, allora avveniristici rispetto al tessuto urbano europeo, assume oggi degli accenti ingenui e poetici se pensiamo a come si sta sviluppando in verticale Milano. Certo la Torre Unicredit è una scheggia nel panorama complessivo della città, mentre a New York altezza è sinonimo di continuità, però il passaggio tra le due culture architettoniche, così sentite nei primi decenni del secolo scorso, non si avverte più. Così come non si avverte la transizione, così forte in Giorgio De Chirico e Vinicio Paladini, tra la nostra cultura classica e l’era moderna che germinava a New York.
Ci è piaciuto, di De Chirico, anche il bozzetto per la copertina di “Vogue Magazine” del 1936. L’arte ha sempre scavato, naturalmente, percorsi figurativi diversi, e nell’accostarvi all’arte diffidate di quei curatori, critici e consulenti, sempre meno e sempre più falliti, che disdegnano come arte minore le immagini dei magazine di moda.
Depero è meraviglioso e facile, perché la sua cifra futurista gli consente di rappresentare al meglio la New York dinamica, sempre in perenne movimento; non sono stati gli anni 80 a definire New York la città che non dorme mai!
Attualissimi Fontana, il giorno, che con lamiere di rame tagliate, incise e bucate, rappresenta la luce accecante di New York
riflessa nei cristalli e nel metallo dei suoi grattacieli, e Titina Maselli, la notte, in cui la luce dei palazzi diviene accecante, ed il metallo si scolora di viola.
Per finire alcune rappresentazioni in onore e ricordo di John Kennedy. Ciascuno di noi ha cara una parte del mito di quest’uomo. Noi vogliamo ricordare la sua definizione del rapporto tra il singolo e la sua comunità, “non chiederti cosa può fare il tuo paese per te, chiediti cosa puoi fare tu per il tuo paese” e così torniamo, con la mente, da New York a Milano, canticchiando “la libertà non è il volo di un moscone, la libertà è partecipazione”. Noi abbiamo Gaber insomma, e siamo felici di essere italiani.
NEW YORK NEW YORK, MUSEO DEL 900 fino al 17 settembre, sempre aperto tranne il lunedì mattina, il giovedì ed il sabato fino alle 22,30.