Conoscete Google Arts & Culture? Da oggi ha una nuova applicazione, “We wear culture“, un percorso digitale nella storia della moda e del costume attraverso 400 mostre fatte di immagini, video e mappe interattive che spaziano dalla Corte di Versailles al punk di Vivienne Westwood, dal Museo Ferragamo a Coco Chanel, dai merletti svizzeri alla t-shirt passando per il sari indiano e il kimono giapponese, oltre alle gallerie di alcuni tra i musei di costume più significativi del mondo.
“We wear culture” è frutto della partnership di Google con musei, fondazioni, curatori e trendsetter di tutto il mondo e costituisce il più importante strumento divulgativo in materia di moda perché consente di accedere e navigare, con una app gratuita, in una biblioteca infinita in cui le istituzioni pubbliche e private hanno messo in rete collezioni ed archivi inaccessibili al pubblico in ragione della fragilità e delle cattive condizioni dei manufatti.
Lo storytelling dei capitoli è molto curato, nello stile di Google Art, nei contenuti e nelle immagini, capace di fare luce sui più piccoli dettagli, così come di dare una profondità e visione d’insieme tale da nutrire percorsi diversi e paralleli rispetto allo stile ed alla moda. Un incubatore di creatività e bellezza che vuole parlare a tutti.
Ma “indossiamo la cultura – la storia di ciò che indossiamo” ha una parte di silenzio che assorda. Manca Milano.
Perché la nostra città non ha ancora un Museo della Moda, come Parigi ha il Musèe Galliera, Londra le gallerie del Victoria and Albert Museum e New York la sezione del Metropolitan? Certamente il contenuto non ci manca. Intere collezioni inutilizzate, penso a Walter Albini, Romeo Gigli, Gianni Versace, Krizia. Hanno cambiato il mondo, le donne e Milano e questa città non ha dedicato a loro nemmeno una mostra.
Non ve la racconto nemmeno la storia del museo che non è mai nato. Il primo progetto di legge risale al 2002, Porta Nuova nei progetti iniziali doveva diventare il polo aggregativo del lusso ed ospitare il Museo Modam ma si è tramutato in un hub tecnologico con le sedi di Amazon, Microsoft, Google e Linkedin. Nel programma del sindaco Sala il museo della Moda era una priorità, insieme al museo di Arte Contemporanea, ma nulla si è mosso dopo la sua elezione.
Certo, aprire un museo è sempre una mossa politicamente difficoltosa perché chi parte con la realizzazione difficilmente, per tempistica, arriva alla inaugurazione, ma il racconto della moda a Milano è diventata una priorità alla quale non ci si può più sottrarre, pena una grande e brutta figura. E quindi va bene frammentare l’offerta culturale in eventi temporanei, come stiamo facendo, se si traduce in una maggiore diffusione capillare, ma la cultura vuole, da sempre, robuste fondamenta, per cristallizzare i principi non negoziabili di una civiltà.