Era domenica sera a Las Vegas quando Stephen Paddock, un bianco sessantenne e benestante, dopo aver introdotto nel suo hotel la bellezza di 23 fucili da guerra, ha aperto il fuoco dalla finestra che affacciava su una piazza dove si teneva un concerto ed in pochi minuti ha ucciso più di cinquanta persone, ferendone alcune centinaia.
La parola “ferito” dice poco, è generica e per niente evocativa dell’orrore delle mutilazioni e dello shock di chi lo ha subito, i morti sono morti e le famiglie li piangono, dopo Columbine, Newtown, negli Stati Uniti è successo di nuovo, che un uomo imbracci un arma da fuoco e compia una strage di persone inermi.
Anche in questa occasione i profili Instagram si stanno riempendo di immagini “Pray for Las Vegas”, in cui cuori infranti, mani in preghiera e like si mischiano senza criterio ad outfit, impiattamenti, cani e bambini, in un magma che non definisce più il vero dal falso, la gravità dalla leggerezza, i problemi e le soluzioni, e dove per ogni tragedia si invoca questa novella forma di preghiera virtuale e collettiva che banalizza il male e gli diffonde intorno una aura di pietosa inevitabilità.
Così però passa il principio che la strage di Las Vegas sia un male inevitabile alla stregua di una calamità naturale, e non la conseguenza di una politica tesa al consenso che non ha mai trovato i voti necessari, nemmeno durante il mandato Obama, per cancellare il secondo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti, quella che consente ai cittadini americani di approvvigionarsi senza limiti di armi in commercio. E vi assicuro che nelle armerie di alcuni paesi come il Nevada, per l’appunto, non c’è limite alla potenza di fuoco delle armi in commercio.
Figuriamoci ora se potranno mai cambiare le cose con Trump, che del secondo emendamento ha fatto un suo cavallo di battaglia durante la campagna elettorale, e la cui reazione alla strage è stata appunto quella di invitare alla preghiera, così sottintendendo che non ci sia altro da fare per fermare la violenza dell’uomo armato.
Ed invece il sistema per porre fine alla catena di stragi da arma da fuoco c’è, e non è una medioevale preghiera quanto il rigoroso controllo sulle armi, che ha sulla violenza lo stesso effetto che hanno gli antibiotici sui virus contagiosi.
Se abbiamo un profilo con migliaia di followers e vogliamo portare la cronaca su Instagram dobbiamo assumercene la responsabilità perché poi le persone ci seguono per davvero, e non è corretto utilizzare una tragedia per ottenere un pò di consenso senza spiegare, anche con una breve caption, quali siano le ragioni per cui i fatti succedono. Se non vogliamo scoprirci politicamente o più semplicemente non abbiamo idee a riguardo lasciamo stare, e limitiamoci a pubblicare immagini di cani figli impiattamenti ed outfit che tanto ci seguono lo stesso.