Come si vive a Milano sembra sia una delle frasi più digitate su google. Noi Milanesi, temo, non sapremmo descriverlo, ci stiamo e tanto ci basta, che poi il tempo per interrogarci sul come si viva nemmeno lo abbiamo.
Ma la sua unicità Milano deve esprimerla, se finora otto milioni di visitatori si sono fermati in città, mediamente per tre giorni; evidente che l’approccio da “città d’arte” è superato (anche perché Milano non ne ha molta, di arte da manuale) e quindi la visita del Duomo, Galleria e Castello ha assunto senso più profondo ed emozionale. Che poi il perimetro di visita della città non è limitato ai monumenti, anzi, i turisti a Milano ormai li trovi un po’ dovunque, in città.
Facili da intercettare, dedichiamogli qualche minuto a questi turisti, anzitutto per sintonizzare la nostra distratta sfera emotiva rispetto alla nuova narrazione della città, e poi per migliorare il nostro stesso style life.
Anzitutto facciamo con loro melting pot per evolverci, visto che stanno importando in città usi e costumi sconosciuti a noi indigeni: camminano piano e si guardano intorno, si trattengono nei locali più del tempo strettamente necessario a consumare, ridono in pubblico e non si vergognano di essere felici, addirittura si vestono in ragione della effettiva temperatura e non del calendario, che invece noi a Milano siamo addicted del cambio di armadio e se fa caldo di inverno non abbiamo soluzioni estetiche.
Poi adoperiamoli per capire se una mostra, una installazione, una iniziativa funzioni per davvero, soprattutto quando noi stessi nutriamo qualche perplessità. Perché se è vero che la fabbrica di eventi che è diventata Milano certamente fa da volano al turismo, è altrettanto vero che questa smodata produzione da catena di montaggio di cose da fare e installazioni da vedere ogni tanto qualche cazzata la partorisce.
Nella selezione non aiuta certo il nostro attuale sindaco Beppe Sala, perché a lui tranne che la corona funeraria per i fascisti al Musocco, piace tutto. Lui è sempre entusiasta verso qualsivoglia iniziativa creativa. Certo un gran passo avanti rispetto a Pisapia, il cui immobilismo un pò ci ha segnato, ma per fortuna è andato e la sua indole geneticamente perplessa costituirà certamente un problema per la sinistra, ma non è più affar nostro.
Ieri il Sindaco ha dichiarato di essere favorevole alla proposta di trasformare in permanente il giardino di melograni in Piazza Scala, che unitamente ai banani ed alle palme di Piazza Duomo darebbe un tocco davvero jungle al centro città. A me sembra una grande boutade, più che un ragionato progetto di abbellimento, già il tocco esotico di Starbucks mi sembra una riuscita spettacolarizzazione a favore della catena commerciale, ma una sciapa provocazione culturale per la città.
E quindi, mettendo in atto il progetto di studio del turista, mi sono appostata a guardare: i melograni sono cute, direbbe Instagram, ma non è certo davanti agli alberelli che si incantano i turisti. Facciamo la serata di fashion week e poi togliamoli. Un restyling di Piazza Scala merita molta più attenzione.