La direttrice di Grazia Silvia Grilli ha scritto un editoriale che commenta la barbarica esecuzione della ragazza di Macerata nell’ottica dei diritti e delle libertà guadagnate dalle donne occidentali.Il personaggio Selvaggia Lucarelli, che vive di popolarità riflessa nel senso che non esprime idee proprie se non quando critica quelle degli altri – una operazione che fa tanto sanguisuga- la contesta dando alla Grilli della razzista.Il popolo del web che non ha voglia di approfondire si schiera con l’una o con l’altra a seconda della simpatia che le ispira il personaggio. E così fa danno, a sè stesso, ed agli altri.
Questi i fatti.
La Grilli dice che stiamo sottovalutando la minaccia che deriva dall’immigrazione in massa di uomini giovani, senza strutture familiari intorno e con un retaggio culturale misogino e violento nei confronti delle femmine. Aggiunge che i particolari dell’omicidio della ragazza riportano evidentemente alle mutilazioni femminili cui sono sottoposte le donne in molti paesi africani, conclude dicendo che la presenza massiccia di una popolazione che non lavora, spaccia ed ha una educazione misogina sta portando le donne italiane a rinchiudersi in casa.
Cosa replichi la Lucarelli non merita approfondimenti: dice che la Grilli è una razzista, che noi italiani siamo stupratori seriali, che anche noi applichiamo riti barbarici riferendosi alla abitudine della criminalità organizzata di far sparire i cadaveri, che siamo noi ad importare la droga e, soprattutto, che la Grilli non ha titolo per parlare perché dirige un magazine di moda femminile, che poi a mio avviso è l’affermazione più misogina, altro che la cultura africana.
Da che parte stia io è facile indovinare e no, non mi sento affatto razzista.
Circa un mese fa, un giovedì sera di pioggia alle 21,00, percorrevo via Lazzaretto fino all’angolo con Vittorio Veneto. Stiamo parlando di una zona che dista due fermate di metropolitana da Duomo, per intenderci, che lambisce corso Venezia e che è piena di locali. Ad un certo punto mi sono trovata davanti ad un bar, con una quarantina di ragazzi di colore che incuranti della pioggia bevevano alcol a canna, fumavano spinelli e mi seguivano con gli occhi mentre passavo. Nessuno ha mosso un dito, per carità, ma io ho avuto paura, tanta paura da groppo in gola. E, vi assicuro, io non sono una mammoletta.
La cosa che mi ha stupito, dopo, è che non ho avvertito il solito senso di disagio che mi prende pensando alle figlie sempre in giro: io ho avuto paura che facessero del male a me, una donna non più giovane e già solo per quello meno attraente. E quindi voglio spiegarvi cosa intendeva dire il direttore di Grazia, perché io quella sera ho fatto le sue stesse, medesime riflessioni.
Quegli uomini, e non importa il colore, erano un branco, con la mente poco lucida in ragione dell’alcol e delle droghe, e sorattutto non avevano niente da perdere perché qui, ed oggi, non hanno nessuno a cui dare conto del loro comportamento.Nè mogli nè figli nè genitori nè datori di lavoro nè autorità religiose. Nessuno.
Quegli uomini, e non importa il colore, non hanno donne con cui avere rapporti sentimentali o sessuali, ma il desiderio quello si, lo hanno come qualsiasi uomo sulla terra e in qualche modo lo devono sfogare.
Quegli uomini, e non importa il colore, non lavorano. Come dicevano i nonni? “L’ozio è il padre dei vizi” ed è vero, perché se non fatichi, non ti stanchi, non liberi la tua energia vitale in un percorso lavorativo quella, l’energia intendo, da qualche parte sfoga.
Quegli uomini, e non importa il colore, e questo va detto, sennò facciamo gli ipocriti, sono figli di una cultura che vede le bambine infibulate negli organi genitali perché non provino piacere durante i rapporti sessuali, che disprezza i nostri costumi e la nostra libertà. E’ così. Ciò non vuol dire sminuirli, non riconoscergli pari dignità umana. Ma hanno una cultura diversa e prova ne sia la copiosa letteratura delle donne africane che si battono per l’indipendenza da antichi costumi e tradizioni anacronistiche è testimoniata da copiosa letteratura.
Io, e voglio ritornare all’allarme della direttrice Grilli circa l’arretramento culturale di cui rischiamo di restare vittime, quando d’estate vado a correre al parco di Palestro – cioè il parco più centrale della città- non metto più i calzoncini corti e la canottiera perchè provo disagio davanti allo sguardo di scherno degli uomini accampati lì a dormire.Insomma io, matura forte e coraggiosa, le mie regole di vita, purtroppo le ho già cambiate, mi sono dovuta adattare e questo non credo sia giusto. Nei miei confronti, nei confronti delle mie figlie e soprattutto delle donne che hanno pagato prezzi durissimi affinché io potessi, un giorno, girare per Milano in abbigliamento sportivo.
Un’ultima considerazione.
Nessuno ricorda più che noi viviamo due diversi tipi di immigrazione: chi viene qui per scelta, perché vuole lavorare in Europa, vuole costruire qui un futuro e chi è costretto a scappare dall’orrore, vale a dire gli africani. Chi scappa, l’Europa non lo vuole più, perché non sa dove metterlo e come gestirlo – quindi i cattivi non siamo noi- sicché l’Italia, da essere un corridoio è diventata una stanza chiusa, perché gli sbocchi verso la Francia, la Germania, i paesi scandinavi sono bloccati. Possiamo ospitarli tutti noi, questi popoli dolenti? Possiamo offrire loro condizioni di vita decenti, un lavoro, un controllo sociale un’assistenza sanitaria? No, non potremo mai farlo, realisticamente. Non abbiamo le strutture, non abbiamo lavori da offrire, non abbiamo nemmeno lo spazio fisico per poter offrire loro una situazione abitativa stabile. Gli diamo vitto, alloggio e 75 euro al mese, ed ozio ed ignavia in alternativa a fantastici ingaggi come pusher.
Tutto ciò mentre gli italiani si fanno due conti e tanti di noi il vitto l’alloggio ed i 75 euro non li hanno.
Questo non è razzismo. Questo è esaminare senza sentimentalismi una situazione che con il sentimentalismo non può essere risolta. Quindi abbiamo due strade. O affrontiamo il problema, con misura, fermezza e politiche adeguate o lasciamo il campo libero e ad occuparlo saranno gli estremisti, da una parte e dall’altra, che facendo leva sulle pance delle persone ci metteranno gli uni contro gli altri, e lasceranno le cose come stanno, perchè questa situazione alimenta ben bene le loro politiche.
Noi italiani abbiamo solo un unico, grandissimo bisogno. Quello di restare uniti e lavorare per il bene comune, come se fossimo una persona sola, una sola famiglia, per sopravvivere alla crisi e tentare di dare un futuro alle nuove generazioni. Invece ci dividono, ogni giorno, sulle più varie questioni, e ci indeboliscono, strumentalizzando anche i poveri migranti per rafforzare la nostra innata abitudine ad essere divisivi. Ed infatti questo discorso non l’ho ho mai sentito fare da nessuno.
Le immagini sono di opere d’arte africane, Fondazione Louis Vuitton, Paris.