Mentre i paesi occidentali più evoluti si interrogano sulla depenalizzazione delle droghe leggere, l’Assessore alla Sanità della Regione Lombardia Giulio Gallera propone di introdurre il test del capello nelle scuole per individuare a fine preventivo i ragazzi che fanno uso di alcol e di sostanze stupefacenti.
Le opposizioni, anche loro come Gallera sotto l’effetto di una importante dose di ipocrisia, si oppongono argomentando che la misura sarebbe repressiva – no, non è repressiva, va contro tutti i fondamentali principi costituzionali, non fosse altro che in Italia drogarsi è di fatto un reato – e propongono per la battaglia contro alcol e cannabis un miglioramento del rapporto tra scuola, genitori ed alunni.
Ora, la verità è che il problema della cannetta/birretta non esiste: tutti i ragazzi le provano fino all’età in cui cambiano il metabolismo, ingrassano e smettono. Il problema vero è l’abuso di queste sostanze, perché quando la vita di un adolescente gira intorno alla canna di prima mattina beh, il suo futuro lo compromette eccome. E su questo tema, mi dispiace ma a parlare chiaro deve essere la sinistra che meno di due mesi fa, con il Sindaco Sala, ha organizzato il Cannabis Day.
L’altra verità che non si può tacere è la cifra generazionale degli educatori. Ma davvero credete che i ragazzi si lascino fare una sterile morale da professori e genitori cinquantenni, ben sapendo che è altamente probabile che le canne se le siano fatte prima di loro? Allora bando alle ipocrisie e con i ragazzi parliamo chiaro, e con l’autorevolezza che viene dall’esperienza spieghiamo loro dove finisce l’uso ed inizia l’abuso, ed i pericoli a cui vanno incontro se nell’abuso ci rimangono. Solo così verremo creduti.
La Regione, invece di studiare queste ridicole campagne fintamente dissuasive, si preoccupi invece dell’abbandono scolastico da parte dei ragazzi che praticano sport agonistico o professionistico in Lombardia.
E’ notizia di oggi che Gigio Donnarumma rinunciando a sostenere gli esami di maturità è partito a rilassarsi alla volta delle Baleari. Scandalo e croce addosso al ragazzo perché preferisce Formentera ai libri, ai signori Donnarumma che invece di farlo studiare gli consentono di guadagnare parecchi milioni di euro all’anno, alle società sportive tutte che incitano i ragazzi a giocare a calcio abbandonando la scuola. I signori dell’informazione, evidentemente, sono gli stessi che non hanno avuto alcuna remora nel giudicare in questi anni la prestazione professionale di Donnarumma, incuranti degli effetti della pressione giornalistica su un ragazzo fino a qualche mese fa ancora minorenne.
Io credo che sarebbe stato criminale se Donnarumma padre, davanti ad un simile talento, avesse impedito al figlio di giocare per seguire le lezioni scolastiche, e credo ancora che Gigio non abbia sostenuto gli esami non per arrivare alle Baleari un giorno prima, ma perché ha lavorato fino a ieri nella Nazionale under 21 e non ha avuto il tempo materiale per studiare. Le società sportive, infine, pagano i calciatori, e giustamente pretendono risultati, sicché l’unica campana che suona stonata in questa vicenda è proprio la scuola.
Se Maometto va alla montagna, non dovrebbe essere la scuola ad andare dai ragazzi, cercando insieme alle società sportive le soluzioni che consentano loro un percorso di istruzione che rispetti il loro impegno, agonistico o professionale che sia? Si tratta in fondo di insegnar loro a ragionare, mentre ad insegnargli come va la vita, a Donnarumma ed ai suoi compagni, ci pensa la vita stessa.